«Principessa»
Questo è il termine, non il solo, con cui un manager di un locale all’interno del parco di Gardaland indicava un collega di lavoro gay.
Lo faceva davanti ai clienti e agli altri lavoratori e per questo è stato licenziato.
Ora, lo riporta l’edizione veneta del Corriere della Sera, ìil Tribunale civile di Verona, ha rigettato il ricorso dell’uomo contro la rescissione del contratto per giusta causa.
Questo il racconto del cassiere 37enne riportato dal quotidiano: «Io ero alla cassa, era inizio servizio, la gente stava entrando in quel momento. Mentre stavo alla cassa, arriva “E”.
Il quale mi portava gli scontrini con i soldi, io dovevo dare il resto delle bevande extra e mi dice allungandomi uno scontrino coi soldi “tieni principessa”…Io mi giro di istinto a guardarlo e vedo che c’è il manager che guardando “E”.
Muove le mani in modo femminile per prendermi in giro, facendo una risatina e ripetendo la parola “principessa” per poi girarsi verso di me dicendomi “vai avanti a fare il tuo lavoro, muoviti”. Tutto questo davanti ai clienti che stavano entrando e che avevano assistito alla scena».
Cos’è successo per i due dipendenti bulli ?
Alla fine del turno è andato a informare il superiore ed è stato spostato in un altro ristorante.
La direzione di Gardaland ha subito preso provvedimenti per reprimere «tali gravi e intollerabili comportamenti discriminatori». Il cameriere “E”, è stato sospeso e poi se ne è andato volontariamente.
Il manager è stato licenziato in tronco anche per aver infranto il codice comportamentale del Parco, non solo nel caso delle parole offensive nei confronti del collega.
Nel provvedimento di rescissione del contratto Gardaland parla di «inammissibili atti di derisione», «non rispettandone la dignità e la condizione sessuale, in spregio dei principi di uguaglianza, diversità e trattamento imparziale abbracciati da questa Società».
Il tribunale
Ora il tribunale non ha solo rigettato il ricorso del manager che ha portato «un’offesa alla dignità personale e all’orientamento sessuale», ma ha anche condannato il cameriere E. a due anni di reclusione con la condizionale per falsa testimonianza. Aveva negato di aver sentito il termine «principessa». Gli altri dipendenti chiamati a testimoniare hanno invece confermato quanto accaduto ricordando gli atteggiamenti e i gesti denigratori nei confronti del cassiere 37enne.